Il nuovo regime fiscale dei cd. “lavoratori impatriati”
Le differenze (e le criticità) tra il “vecchio” e il “nuovo” regime di favore alla luce delle recenti modifiche apportate dal D.Lgs. n. 209/2023
Avvocato in Milano
Di Tanno Associati
Avvocato praticante in Milano
Di Tanno Associati
Come noto, il regime degli impatriati prevede, a determinate condizioni, la detassazione parziale dei redditi da lavoro prodotti in Italia a favore di coloro che trasferiscono la loro residenza nel Paese. L’art. 5 D.Lgs. n. 209/2023 ha determinato un significativo ridimensionamento dell’ambito applicativo del regime, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo. Moltissime sono le novità, che toccano pressoché ogni aspetto del regime. Innanzitutto, la nuova agevolazione trova applicazione per i redditi fino ad euro 600’000, sia con riferimento ai redditi di lavoro dipendente che a quelli di lavoro autonomo (non essendo più previsti tra i redditi agevolabili quelli derivanti dall’esercizio dell’attività d’impresa). Inoltre, l’abbattimento della base imponibile è ridotto dal 70% (e 90%) al 50% (o, in limitati casi, al 60%). È poi previsto un requisito di specializzazione dell’impatriato, il quale potrà accedere all’agevolazione soltanto qualora risulti in possesso degli specifici requisiti di qualificazione individuati dalla norma. Altra novità di particolare interesse riguarda il requisito minimo della residenza estera ante trasferimento in Italia: il nuovo regime è ordinariamente applicabile soltanto a coloro i quali non siano stati residenti in Italia negli ultimi tre anni. Inoltre, si tende a scoraggiare i trasferimenti in Italia di soggetti impiegati in società appartenenti allo stesso gruppo di provenienza, prevedendo in questi casi un allungamento del requisito di permanenza estera a sei o sette annualità d’imposta, a seconda dei casi. Infine, ulteriore novità riguarda la completa abrogazione di ogni forma di agevolazione per i lavoratori sportivi. L’intenzione del Legislatore, con la novella sopradescritta, è dichiaratamente quella di disincentivare alcune pratiche elusive sviluppate in passato sia dai singoli che dai gruppi multinazionali. I primi, in taluni casi, avevano beneficiato del regime dichiarando realtà di fatto non corrispondenti al vero. I secondi, talvolta, si erano mostrati propensi ad utilizzare l’agevolazione fiscale quale “leva” per incentivare la mobilità del personale infragruppo. Il rischio è, tuttavia, quello di ridurre l’appeal del nostro Paese come polo di attrazione dei talenti dall’estero.
- Premesse
- I regimi di favore per i lavoratori “impatriati” prima della riforma operata dal D.Lgs. n. 209/2023
- Le novità introdotte dal Legislatore delegato
- I redditi agevolabili
- Il “ritorno” del requisito di elevata qualificazione professionale dell’impatriato
- I nuovi limiti reddituali e le interazioni con la disciplina europea sugli aiuti di Stato
- La limitazione al 50% dell’agevolazione e l’eccezione per gli “impatriati” con figli
- L’innalzamento del periodo minimo di residenza estero e la nuova disciplina per il rientro alle dipendenze del medesimo datore di lavoro
- L’eliminazione della possibilità di proroga e il primo regime transitorio
- La decadenza dall’agevolazione e i dubbi circa i profili sanzionatori
- Il regime transitorio previsto dalla norma
- Il superamento del regime dei lavoratori “impatriati” sportivi e la posizione degli agenti sportivi
- Considerazioni finali